Settembre è il mese in cui tutto ricomincia. Le città si risvegliano, le agende si riempiono, e la moda, come di consueto, detta il ritmo del cambiamento. Da New York a Londra, da Milano a Parigi, le Fashion Week tornano a catturare l'attenzione globale. Ma la stagione Primavera/Estate 2026 ha qualcosa di diverso: non è solo una vetrina di tendenze, bensì il palcoscenico di una vera e propria rivoluzione generazionale.

Mai come quest'anno, infatti, i riflettori sono puntati sui nuovi direttori creativi che debuttano nelle maison. Giovani promesse, ma anche nomi già consacrati, pronti a imprimere la propria visione in brand storici. Una staffetta creativa che racconta di come l'industria, oggi, viva un'epoca di instabilità e trasformazione: un tempo le grandi figure del design restavano al timone per decenni (da Karl Lagerfeld a Giorgio Armani) oggi i passaggi di testimone si consumano nell'arco di pochi anni, spesso meno di cinque.

Le ragioni sono molteplici: l'ossessione per il nuovo, la pressione dei mercati, il peso degli investitori e il ruolo amplificato dei social media, che alimentano l'hype ma rendono sempre più difficile costruire un linguaggio coerente nel lungo periodo. Da qui nasce un interrogativo importante: riusciranno questi debutti a consolidare nuove identità o si tradurranno in una continua rincorsa all'effetto sorpresa?

Milano e Parigi, più che mai, diventano quest'autunno dei laboratori estetici a cielo aperto, crocevia di storytelling visivo e di passaggi epocali.

Dal 23 al 29 settembre 2025, Milano ha aperto le sue porte a una stagione memorabile. Non solo per l'intensità del calendario, ma per il peso simbolico che quest'edizione porta con sé: è stata infatti la prima Milano Fashion Week senza Giorgio Armani, scomparso il 4 settembre 2025. La città gli ha reso omaggio con commozione e applausi, come testimoniato dalla sfilata di Emporio Armani, carica di emozione e di ricordi, proponendo una retrospettiva che ha ripercorso i cinquant'anni di carriera di un maestro che ha ridefinito il concetto stesso di eleganza italiana.Il vuoto lasciato da Re Giorgio è al tempo stesso un monito e una responsabilità: se Armani ha incarnato la continuità, oggi la moda vive nell'era della velocità e del cambiamento. Non è un caso che proprio in questa edizione la scena sia stata dominata da un numero senza precedenti di nuovi direttori creativi, chiamati a scrivere il futuro delle maison e a dimostrare che l'innovazione può convivere con il rispetto dell'eredità.E così, tra omaggi al passato e sguardi rivolti al domani, Milano si è trasformata in un laboratorio creativo unico, pronto ad accogliere debutti che potrebbero riscrivere i codici del lusso contemporaneo.È il debutto più discusso: Dario Vitale raccoglie l'eredità di Donatella Versace e conduce la maison in una nuova era dopo l'acquisizione da parte del gruppo Prada. La sua estetica, più sobria ed essenziale, è stata anticipata sul red carpet del Festival di Venezia, dove Julia Robertsha incarnato la nuova Versace con una creazione minimal e raffinata. Niente più eccessi barocchi: Vitale punta su una sensualità velata e su un'intimità inedita. La sua prima collezione è stata presentata il 26 settembre con un evento riservato, lontano dai clamori delle sfilate tradizionali.Dopo Carven, Louise Trotter approda a Bottega Veneta. Con un mandato che ha avuto inizio a fine gennaio 2025, è con la Milano Fashion Week che Trotter fa il suo debutto presentando la sua prima collezione per il marchio. Un'estetica fatta di linee pulite, volumi essenziali ed eleganza sussurrata , che non ha bisogno di loghi gridati per farsi riconoscere. L'attesa è già stata alimentata da Jacob Elordi, che a Venezia ha indossato un look firmato Trotter, incarnando l'idea di una bellezza autentica e senza tempo.Settembre è il mese d'esordio anche per Simone Bellotti, chiamato a raccogliere l'eredità lasciata da Lucie e Luke Meier. Il suo approccio è quello di un minimalismo radicale, dove i tessuti diventano protagonisti e la costruzione sartoriale torna a farsi pura architettura del corpo. Un ritorno alle origini della maison, ma con lo sguardo rivolto al futuro.Dopo l'addio di Alessandro Michele e il breve passaggio di Sabato De Sarno, Gucci affida la sua identità a Demna Gvasalia. Niente défilé tradizionale per l'arrivo: il suo debutto è stato un trittico creativo fatto di un lookbook fotografico, un photocall improvvisato in Piazza Affari e un corto firmato Spike Jonze. Un racconto surreale che ha azzerato il passato e acceso un nuovo dibattito, anche se il vero show arriverà nei prossimi mesi.Se Milano ha celebrato la continuità con la grande tradizione italiana, Parigi è stata il teatro delle reinvenzioni. Dal 30 settembre al 6 ottobre, la capitale francese ha acceso i riflettori su una settimana che ha mescolato spettacolo e introspezione, trasformando le passerelle in palcoscenici teatrali e concettuali. Ogni maison ha colto l'occasione per riscrivere i propri codici, tra citazioni poetiche e provocazioni estetiche, in un susseguirsi di debutti destinati a ridefinire il lessico della moda contemporanea.

Ottobre ha segnato il debutto di Jonathan Anderson con la collezione prêt-à-porter femminile di Dior. Già protagonista di un soft debut a Venezia, dove attrici come Alba Rohrwacher e Greta Lee hanno indossato le sue creazioni, Anderson porta con sé la capacità di unire heritage e modernità. La sua nomina arriva in un momento in cui Dior, sotto la guida del nuovo Global PR Director Peter Utz, punta a rafforzare il ruolo delle celebrity nella narrazione del brand.

Tra i debutti più interessanti di ottobre spiccano quelli di Miguel Castro Freitas per Mugler e Mark Thomas per Carven. Due maison molto diverse per storia e identità, ma accomunate da un compito delicato: rileggere il passato senza tradirlo. Castro Freitas raccoglie l'eredità di Mugler, marchio sinonimo di sensualità teatrale e silhouette scultoree, con l'intenzione di conservarne la forza visionaria e al tempo stesso aggiornarla alle sensibilità contemporanee. Mark Thomas, invece, prende in mano le redini di Carven con l'obiettivo di ridare slancio a una maison storica, proiettandola verso un futuro più dinamico e internazionale.

Ad ottobre arrivano anche Jack McCollough e Lazaro Hernandez, fondatori di Proenza Schouler, pronti a portare in Loewe il loro segno distintivo: volumi architettonici e sensibilità contemporanea. Un nuovo capitolo per la maison spagnola, sempre più centrale nelle conversazioni sul lusso innovativo.

Tra i debutti più attesi c'è quello di Pierpaolo Piccioli, chiamato a misurarsi con il linguaggio concettuale di Balenciaga. Dopo aver riscritto la couture in chiave inclusiva da Valentino, la sua visione potrebbe ridefinire ancora una volta i codici della maison.

Conosciuto per la sua impronta sperimentale e la capacità di mescolare codici couture e streetwear, Glenn Martens approda a Maison Margiela. La sua visione audace sembra sposarsi naturalmente con lo spirito anticonformista della maison, erede del pensiero radicale di Martin Margiela. Ci si aspetta un ready-to-wear capace di spingersi oltre i confini, pur rimanendo fedele al culto della decostruzione.

Designer celebrato per il suo approccio radicale e sostenibile, Duran Lantink debutta da Jean Paul Gaultier con l'intenzione di rileggere l'irriverenza della maison in chiave contemporanea. Famoso per l'uso di materiali di recupero e per il suo spirito provocatorio, porta con sé un linguaggio che unisce ironia, inclusività e sperimentazione, perfettamente in linea con l'eredità ribelle del fondatore.

Il passaggio più simbolico è quello di Matthieu Blazy, ora alla guida di Chanel. Dopo aver rilanciato Bottega Veneta, raccoglie un'eredità imponente poiché il suo debutto segna l'apertura di un nuovo capitolo per la maison di Mademoiselle Coco.

Più discreto ma non meno significativo, il percorso di Michael Rider continua alla guida creativa di Celine. Dopo un primo passo attento, ora consolida una visione che alterna rigore sartoriale e leggerezza contemporanea. L'obiettivo è mantenere il brand in equilibrio tra tradizione parigina e spirito moderno, con un prêt-à-porter pensato per una clientela sofisticata ma sempre in movimento.

Tra debutti attesissimi e anniversari storici, la stagione 2025/26 segna un punto di svolta: il lusso sta ridefinendo sé stesso. Non più solo status, ma linguaggio, identità e anche responsabilità.

Milano e Parigi, con le loro passerelle, diventano specchi delle trasformazioni culturali: dal quiet luxury che predilige la sottrazione alla riscoperta del re-wear, fino al potere delle celebrity nel legittimare i nuovi linguaggi estetici.

Il futuro della moda si gioca qui, tra heritage e innovazione, tra passato e futuro. E ogni debutto, quest'anno, non è solo una collezione ma è la promessa di un nuovo racconto.

Da Milano a Parigi: i debutti dei nuovi direttori creativi

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